
Il cielo dopo di noi – Silvia Zucca
Il cielo dopo di noi, edito da Nord, è il secondo romanzo di Silvia Zucca e arriva dopo lo straordinario successo di Guida astrologica per cuori infranti.
Chi li ha letti entrambi sa che sto parlando di due romanzi molto diversi tra loro, ma che ho amato allo stesso modo, perché l’autrice ha uno stile coinvolgente sia che si tratti di un libro più leggero, come Guida astrologica per cuori infranti, sia che ci accompagni a conoscere l’intensa storia della famiglia Dallacqua, protagonista del Cielo dopo di noi.
Con quest’ultimo romanzo, ci troviamo a viaggiare tra passato e presente: le pagine scorrono senza che ce ne rendiamo conto e se un attimo prima siamo nel 1944 – precisamente nella campagna piemontese, assieme a Gemma e il piccolo Alberto Dallacqua, che durante la guerra si sono rifugiati a Sant’Egidio dei Gelsi, ma si ritrovano a vivere nella stessa casa degli ufficiali delle SS che controllano il paese – subito dopo siamo di nuovo ai giorni nostri con Miranda, figlia di Alberto, costretta ad andare alla ricerca del padre, ormai anziano, e con cui non ha rapporti da anni a causa di incomprensioni che sembrano insormontabili.
Silvia Zucca ci porta alla scoperta della storia dei Dallacqua che per anni è rimasta nascosta nella memoria di Gemma e di Alberto, senza che Miranda e gli altri membri della famiglia ne sapessero nulla.
Miranda, inizialmente di malavoglia, poi sempre più determinata a trovare il padre e a ricostruire quel fatidico anno che cambiò per sempre il destino della sua famiglia, viene così a conoscenza di Sant’Egidio, dei suoi abitanti, del tenente delle SS Bonfanti, che aveva instaurato con Alberto quasi un rapporto paterno e di Philip, il grande segreto di Alberto prima e di Gemma poi, attraverso un viaggio proprio nel paesino piemontese, dove verrà travolta letteralmente dai suoi abitanti, un po’ ruvidi, ma accoglienti e pronti ad aiutarla e a farla sentire finalmente a casa.
Conosco Silvia Zucca da quando ho letto Guida Astrologica per cuori infranti e ho avuto l’opportunità di incontrarla al Salone del Libro di Torino, sia questo che lo scorso anno, perciò ne ho approfittato per porle tutte quelle domande che mi sono venute in mente durante la lettura de Il cielo dopo di noi e lei, gentile come sempre, ha soddisfatto ogni mia curiosità.
“Il cielo dopo di noi” è il tuo secondo romanzo e si discosta completamente da “Guida Astrologica per cuori infranti”. Cosa ti ha ispirata per scrivere questa storia, così intensa e, soprattutto, in grado di appassionare un pubblico molto eterogeneo?
“Non è stato facile lasciarsi alle spalle un libro come Guida Astrologica e reinventarsi, trovare un altro tipo di voce, ma volevo fortemente provare a me stessa di essere in grado di scrivere libri anche molto diversi tra loro. La storia de Il cielo dopo di noi inizia circa due anni fa, con la morte della mia nonna paterna. Sembra un escamotage da scrittori… ma trovai davvero delle lettere in casa sua. Non narravano la vicenda che ho poi raccontato nel romanzo, naturalmente, ma una storia personale molto toccante che mi ha fatta riflettere sul legame profondo che avevo con lei, nonostante le nostre differenze, nonostante spesso ci fossimo messe a discutere. Quelle lettere mi hanno fatto pensare all’evoluzione che le persone hanno nella vita, a come il tempo e gli eventi le trasformino, e a come questo diventi un bagaglio importante, determinante per quello che si è. Nonna ha custodito quelle lettere, scritte tra il ’38 e il ’47, quando aveva tra i venti e i trent’anni, fino alla sua morte, avvenuta quando di anni ne aveva quasi 95, e non ne ha mai fatto parola con nessuno. Per lo meno non con noi, i suoi familiari. Questo mi ha portato anche a chiedermi quanto si possa conoscere qualcuno, anche qualcuno così vicino come una nonna, o un genitore. Agli altri, diamo sempre una versione parcellizzata di noi stessi, come un frammento, ed è ricomponendo quei frammenti che Miranda, la protagonista del romanzo, pian piano arriva alla verità di ciò che hanno vissuto ed è stato tanto determinante per i suoi familiari.”
Immagino che alla base di questo libro ci sia stato un grande lavoro di ricerca. Mentre lo leggevo, immaginavo come deve essere stato immergersi in quella realtà e la forza delle emozioni che devi aver provato. Ti va di raccontarci qualcosa?
“Tutto il romanzo si rifà a un’idea di oscillazione tra presente e passato, un’idea che vuole creare una continuità tra temporalità diverse, pur se ancora non così distanti nel tempo. Volevo che si sentisse, e fortemente, questo legame, perché credo che sia necessario, forse ora più che mai, sapere che siamo i figli della nostra storia, che non siamo esseri univoci, o mine impazzite, senza radici. Tutti noi abbiamo radici profonde, così come le ha la società in cui viviamo. Il lavoro di ricerca è stato enorme. Io poi sono molto puntigliosa quando studio, non sopporto di non avere in mano anche il più piccolo dettaglio. Il che vuol dire che ho letto di tutto, guardato di tutto, cercando filmati, interviste negli archivi storici, visitato paesi e musei della Resistenza… Da una parte è stato molto appassionante, dall’altro uno sforzo empatico molto doloroso. Raccontare storie vere così drammatiche non può che esserlo. Ti devi svestire, per scrivere, devi in qualche modo offrirti alle emozioni senza barriere. Lo ammetto, a volte si sfiora il masochismo, perché si vive il dolore degli altri sulla propria pelle. Ma, in un certo senso, è anche un esercizio catartico. Sicuramente, cercare di capire quello che succedeva, cercare di ricostruire la vita, le emozioni dei vari personaggi mi ha fatto sentire più vicina ai miei nonni, riconnettendomi a loro.”
Leggendo la storia di Gemma e del piccolo Alberto che vivono in pieno periodo fascista e sono costretti a convivere con i fascisti, mi ha colpita il rapporto che si crea tra lo stesso Alberto e il tenente Bonfanti. C’è un momento in cui ci racconti un lato umano di questo spietato tenente. Da lettrice, per un secondo ho provato compassione. Com’è stato per te doverlo immaginare e poi raccontare sotto questo punto di vista?
“Mauro Bonfanti è un personaggio che ho amato moltissimo. Sembra strano dirlo per un personaggio tanto brutale, un SS fascista che non si fa problemi a torturare e uccidere i partigiani su cui riesce a mettere le mani, che ha idee tanto distorte sul potere e sugli uomini. Ma posso dire di averlo amato perché rappresentava fortemente una sfida. Non volevo offrire un punto di vista univoco sulla vicenda, delineare in modo netto “i buoni” e poi “i cattivi”. A mio avviso le cose non sono mai bianche o nere, non ci sono divisioni nette. E Mauro Bonfanti, pur nell’atrocità di alcune sue azioni, pur nelle sue idee… ha un lato umano profondamente tenero e vulnerabile. Sono i due lati della medaglia. E il lettore è invitato a comprendere le sue “ragioni” a sentire quello che lui sente. È una sorta di sfida. Essere dall’altra parte, eppure riuscirsi a sentire così vicini. È attraverso il rapporto con Alberto che questo succede. Con Alberto, scopriamo la debolezza ma anche la dolcezza di un uomo altrimenti spietato. È biunivoco, ovviamente, perché anche il piccolo Alberto in qualche modo si definisce attraverso Bonfanti. È alla ricerca di una figura paterna in cui riconoscersi e si troverà a dover confrontarne due, opposte tra loro.”
Ho trovato il personaggio di Miranda molto complesso, perché porta con sé un bagaglio pesante, fatto di sofferenza e rabbia, ma anche di incomprensione, tipica di noi figli, verso i genitori. Vorrei sapere come la vedi tu e se c’è qualcosa di te in lei.
“Quando il libro uscì, mio padre ne prese una copia e se la rigirò tra le mani, leggendo poi il retro della copertina. Mi guardò storto e mi disse che no, non gli piaceva. Sul retro c’è una frase che parla del rapporto padre e figlia, del rapporto tra Miranda e Alberto, spezzato da qualcosa che è avvenuto e li ha allontanati. Ecco, a mio padre vennero le lacrime agli occhi e mi disse che non poteva essere vero, che l’amore di un padre – il suo amore – non avrebbe mai potuto cessare, qualsiasi cosa accadesse. C’è sempre quest’idea che quando scrive lo scrittore finisca per declinare sulla carta la sua vita, ma in effetti non è così. Miranda per certi versi mi può somigliare, sicuramente è disordinata quanto me, ma grazie a Dio non ho la sua storia famigliare e il rapporto con mio padre si è anzi rafforzato negli anni. Quello che in cui mi posso rispecchiare di Miranda è quello che lei incarna. In un certo senso, la considero lo spirito di questa nostra generazione (parlo dei 30-40 enni) che ha vissuto nella bambagia di un boom economico (e di una vita familiare spesso idilliaca) per poi vedersi catapultata in un mondo che non riesce ad afferrare, una realtà troppo spigolosa da cui si fa di tutto per rifuggire. Non ha un lavoro fisso, non ha una vita sentimentale stabile… le manca qualsiasi punto d’appoggio che la ancori alla vita. E’ talmente assuefatta alle sue paure che crede che questo stato sia per lei una protezione. Credo che, magari in diverse gradazioni e sfumature, tutti noi “giovani adulti” abbiamo in qualche modo provato e sentito l’instabilità che prova lei, confrontandoci con questo mondo dalla velocità così accelerata e ormai privo di certezze sul futuro.”
Ovviamente vorrei sapere se c’è un terzo romanzo in attesa di vedere la luce!
“Un terzo? C’è un terzo, un quarto, un quinto… e anche molti di più. Sono – per l’ennesima volta – in una fase di cambiamento, ripensamento, valutazione della rotta da prendere per quanto riguarda la mia vita. Ho tanta voglia di scrivere e moltissime idee. Da una parte c’è un progetto molto grosso, che mi richiede un impegno di studio piuttosto oneroso, e che non prevedo di finire tanto presto ma visto che avevo voglia di tornare alla scrittura molto prima, nel frattempo sono già all’opera su altro. Come ti dicevo ho moltissime idee che mi piacciono e voglia anche a scrivere storie più leggere, di tornare alla commedia. Spero che ai lettori non dispiaccia che voglia mantenere queste due anime. Ma in molti si sono divertiti con Guida astrologica, per cui immagino ne saranno felici.”
Ringrazio Silvia e,nell’attesa di leggere i suoi prossimi romanzi, auguro a tutti “buona lettura“!
Roberta
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