In una semplice giornata

“Posso aiutarla?” chiese una commessa da dietro il bancone. Era una donna esile, con i capelli raccolti in uno chignon grigio, in tinta col colore del suo vestito. Aveva gli occhi gonfi e le occhiaie marcate. Isabella si sentiva un fiore in confronto e, a quel pensiero, fu pervasa da nuova energia. “Certo, vorrei un rossetto rosso” disse.

La commessa rispose senza neppure alzare lo sguardo: “abbiamo rosso ciliegia, rosso mattone, rosso corallo…” cantilenava le tonalità del colore in un elenco interminabile. Isabella si guardò intorno: dietro al bancone una serie di scaffali in legno chiaro con numerose scatole di profumo, sulla sua destra un grosso espositore con ombretti e smalti di svariati colori e sopra la sua testa due lampadari a forma di palla, in vetro soffiato. La musica soffusa e il profumo di lavanda le trasmettevano un senso di pace e di tranquillità.
La commessa continuava: “… rosso opaco, rosso sangue.” Isabella s’immobilizzò. Alzò gli occhi e vide i lampadari abbassarsi su di lei, mentre l’odore di lavanda le impediva di respirare e le gambe stavano per cederle. La commessa aveva interrotto la cantilena per chiamare aiuto. Dietro al bancone si aprì una porta ed uscì un ragazzo biondo con occhi verdi. “Carlo” gridò Isabella e si gettò fra le sue braccia.

Isabella uscì dalla profumeria e camminò senza meta. Si ritrovò in Corso Vittorio Emanuele, una galleria coperta che collegava tra loro piazza Duomo e piazza della Scala. La luce che penetrava dalle vetrate del soffitto illuminava i palazzi storici e i loro affreschi le sembravano prender vita. La donna si sganciò il giaccone e rallentò il passo. Il profumo, che proveniva dai numerosi ristoranti, le ricordò che era ora di pranzo. Fece un pasto veloce: consumò un toast e una birra seduta su un piccolo sgabello bordeaux. Pensava all’appuntamento che avrebbe avuto poche ore dopo. Pensava al vestito più adatto per l’occasione, al suo colore e al tipo di tessuto che avrebbe valorizzato il suo corpo. Cercò quell’abito in mille negozi per poi rassegnarsi e tornare a casa.
Abitava in un appartamento nel centro di Milano, con un ampio salone, una cucina con isola centrale, una camera matrimoniale, un bagno con vasca idromassaggio e una piccola terrazza. Disseminate per casa vi erano numerose fotografie che ritraevano lei e Carlo in tutti i loro viaggi. C’era la foto con la Sfinge, sulla Torre Eiffel, alle rovine di Machu Picchu e molte altre. Carlo adorava viaggiare e Isabella adorava stare con Carlo.
La donna estrasse dalla borsa le medicine comprate in farmacia, Valium e sonniferi, quelli che erano diventati i suoi migliori amici da un mese a questa parte. Temeva di trascorrere un’altra notte insonne, perciò ne aveva acquistate due confezioni ciascuno. Le posò sul tavolo del salotto insieme al nuovo rossetto, comprato in profumeria, e si diresse verso la camera da letto. Il biglietto, che aveva scritto per il marito, era esattamente dove l’aveva lasciato. Il letto era ancora sfatto e l’abat-jour accesa. “Una volta Carlo non avrebbe mai lasciato la casa in disordine” pensò, poi sistemò il letto e aprì l’armadio. Tutto era perfettamente in ordine. I vestiti erano appesi in una scala di colori che partiva dal blu, passava al verde, poi al giallo, al rosso e terminava col nero. Anche gli accessori, erano stati sistemati tenendo in considerazione le sfumature dei vari colori, che andavano dal più scuro al più chiaro. Stava passando in rassegna tutti gli abiti quando esclamò: “questo è perfetto!” Era il completo verde che le aveva regalato Carlo. La giacca nera con doppio petto ne snelliva la figura, mentre i polsini con grossi bottoni verde acqua riprendevano il colore dell’abito, che aveva una piccola scollatura adornata di paillettes e le arrivava poco sotto le ginocchia. “Come ho fatto a non pensarci prima?” si domandava, “avrei risparmiato l’intero pomeriggio.“
Si diresse alla toeletta, dove, con delle forcine, si acconciò i capelli rossi. Poi si dedicò al trucco: fondotinta, fard, un filo di matita marrone, mascara e per completare il nuovo rossetto, rosso mattone. Scelse con cura gli accessori e indossò le scarpe nere con tacco. Si guardò allo specchio un’ultima volta prima di prendere le chiavi dell’auto e uscire. Pensò a Carlo e sentì lo stomaco agitarsi, come il primo giorno in cui si erano incontrati. Era davanti all’ingresso del cinema, stava aspettando l’amica Francesca, che, come al solito, era in ritardo. Un’attesa che si era rivelata una fortuna dato che Carlo ne aveva approfittato per attaccare bottone. Isabella riusciva ancora a ricordare il sorriso imbarazzato di Carlo mentre le diceva ciao, il maglioncino blu e i calzoni beige che lui indossava e persino quelle orribili scarpe di tela che a lui piacevano tanto.
Una volta salita in auto si era diretta al luogo dell’appuntamento, La Voliera, un ristorante rinomato dove avevano festeggiato i loro rispettivi compleanni, la promozione in banca, il venticinquesimo anniversario di matrimonio e qualsiasi altro genere di evento che avessero ritenuto importante.
Stava per svoltare in via Crema, quando decise di fare una piccola sosta da Adamo, il benzinaio di fiducia, nonché caro amico di famiglia. Forse più per sentire i suoi complimenti che non tardarono ad arrivare: “Isabella sei bellissima stasera” l’uomo sfoderò un sorriso bianchissimo, “finalmente hai deciso di ricominciare ad uscire, brava!” Anche Isabella sorrise, ma senza mostrare neppure un dente. Adamo capì subito che non voleva dargli spiegazioni, era stato il loro vicino di casa prima di trasferirsi in periferia e conosceva bene quella espressione. Durante gli anni di vicinato avevano condiviso lo stesso pianerottolo e lui aveva fatto più volte incursione in casa Borghini con la scusa di aver finito il latte o il sale. Un ricordo sfiorò la mente di Isabella: il campanello suonava e lei andava ad aprire. Adamo restava lì in piedi, col barattolo dello zucchero in mano e con un sorriso stampato sul viso. Isabella aveva fatto entrare l’amico che, come al solito, era rimasto per cena. Carlo si era intrattenuto fino a tardi a bere con lui e a parlare di politica, mentre Isabella lavava i piatti. Era stata una bella serata.
Alcune lacrime offuscarono la vista della donna che però continuò a guidare. Arrivata al ristorante, un giovane cameriere l’accompagnò al solito tavolo, nella zona non fumatori. Le scostò la sedia e le diede il Menù. Isabella si sedette in attesa di Carlo, non avrebbe sfogliato il Menù fino al suo arrivo così da poterne commentare insieme le pietanze. Le pareti del locale avevano un colore caldo e le luci soffuse creavano un’atmosfera magica. Tutto era esattamente come lei lo ricordava.
Carlo non arrivava. Isabella continuava a contorcersi le mani, mentre un piede le ballonzolava dalle gambe accavallate. La ragazza seduta al tavolo vicino si voltò a guardarla, Isabella le sorrise e si girò dall’altra parte. Iniziò a domandarsi perché Carlo fosse così in ritardo. “Forse è rimasto imbottigliato nel traffico, oppure ha avuto un imprevisto sul lavoro” continuava a ripetersi. Non poteva credere che avesse dimenticato il loro appuntamento. Il dispiacere, per la sua assenza, si fece più forte e Isabella decise di distrarsi guardando fuori dalla finestra. I lampioni illuminavano la strada deserta mentre la luce arancione dei semafori si accendeva ad intermittenza. Dal vicolo spuntò una signora che passeggiava, senza curarsi né dell’ora tarda né della pioggia che cadeva copiosa. La donna aveva un’andatura lenta e rilassata. Il suo viso, bagnato da innumerevoli goccioline, era sereno. Ad un tratto la signora si fermò, alzò lo sguardo al cielo e sorrise beata. Rimase immobile qualche istante, mentre la pioggia cadeva e il vento le smuoveva i capelli, poi riprese la marcia. Anche sul volto di Isabella era nato un sorriso. Seguì la donna con lo sguardo finché non sparì nella notte. Poi si alzò ed uscì dal locale, con la consapevolezza che non vi sarebbe più tornata.

 

In una semplice giornata

Martina