
Odissea mattutina
Salve oscurità
ti saluto come una vecchia amica:
guarda la tua valle,
la valle del silenzio,
che si sveglia ronzando,
come un enorme alveare.
Il sonno si spezza
e la gente fluisce
in una corrente di sangue
verso il proprio triste destino.
Mentre si dirige
verso il suo infernale lavoro
osserva la nube bianca
fluire al contrario,
come un banco di pesci,
fuggiti dal predatore.
Ma essi come sogliole,
si fanno ingurgitare,
ciechi e sordi rispetto al loro destino.
Il povero poeta
in questo marasma sta.
Sul suo sedile di vomito sta.
Viaggi interstellari tra nebbie e mari
si sprigionano nella sua mente.
Poi precipita come un Icaro moderno
sulla triste realtà.
Sale sul dragone cieco di ferro
e si perde per il mondo sotterraneo,
fermandosi per arrivare alla sua meta,
ricercando il proprio sentiero.
Poi la folla inquisitrice
scatta flash abbaglianti
abbagliando poveri ciechi.
Il girone ha come musica
imprecazioni e bestemmie
giunte da gracchianti altoparlanti,
che dispensano minacce e moniti.
La marea di liquame
si alza e si abbassa,
facendo urtare tra di loro
gracchianti rifiuti arruginiti,
che stridono alzando lamenti
come dannati incastonati nel ghiaccio.
Come catatonica
la folla si immedesima
nel proprio ruolo di liquame
e silenziosa galleggia.
Giunge il primo drago e il poeta attende.
Giunge il secondo drago e il poeta attende.
Giunge il terzo drago
e il poeta viene trascinato capovolgendosi
e infrangendosi
e innalzandosi
e abbassandosi,
finché sale anch’egli sul drago.
Via nella terra
finché risale in superficie
e come una rondine
abbandonata nella tempesta,
si fa condurre dai freddi venti
fino al luogo del sapere.
Martino Colombo
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