Qulture ti Pubblica @ Una Ghirlanda di Libri

Qulture ti pubblica @ Una Ghirlanda di Libri è il premio letterario promosso dall’Associazione Qulture e da Una Ghirlanda di Libri – Fiera dell’Editoria indipendente ed è aperto a tutti coloro che presenteranno una poesia, un racconto oppure un romanzo entro il 1° Giugno 2020. Vediamo nel dettaglio com’è strutturato il concorso. “Qulture ti pubblica @ Una Ghirlanda di Libri” è…

Il Viaggio – I Vincitori

Dopo mesi intensi e ricchi di soddisfazioni, è finalmente arrivato il momento di decretare i vincitori del concorso “Il Viaggio“. Per la prima volta in tre anni, abbiamo dato spazio ad una forma d’arte di cui, in genere ci occupiamo poco: la poesia.  Siamo state davvero felici nel vedere il successo che questa novità ha riscosso, perché abbiamo avuto la conferma…

Il viaggio della vergogna

Ogni percorso è una scoperta, un viaggio. Ogni cambiamento di direzione può solo accrescere le nostre conoscenze, il nostro sapere. Mia moglie non era d’accordo, almeno per quanto riguardava la sua persona. “Hai sbagliato strada!” Lo disse così, come se non conoscessi a memoria il suo corpo, come se non sapesse più leggere la bussola delle mie voglie. Avevo risalito…

Il terrorista

  Il giorno in cui mi portarono via, ero certo che non avrei mai più rivisto il sorriso di Elisa. Quella mattina all’aeroporto di Roma stavo aggrappato a lei che correva da una parte all’altra, schivando centinaia di valige e sbattendo contro viaggiatori che partivano e arrivavano da ogni parte del mondo. I suoi genitori la richiamavano alzando la voce,…

Portami via

Finalmente sono a casa, infreddolito, un po’ bagnato, con le scarpe piene di fango. Mi aspetta la mia famiglia davanti al camino caldo. Finalmente sono di ritorno. Il mio viaggio cominciò per necessità, non per gioco, uno sguardo fuori dalla finestra e la voglia di scoprire altri luoghi, la speranza di conoscere sempre di più e di vivere nuove esperienze….

Memorie d’una giornata

I Era mattina presto e il sole non era ancora sorto. Stavo in piedi smaltendo la sbronza della sera precedente alla fermata dell’autobus nella fase finale della notte. Faceva un freddo cane e nel mio eskimo logoro stavo letteralmente congelando; avevo solo mezza bottiglia di whiskey per scaldarmi. Dopo una ventina di minuti buoni ho visto il pullman arrivare in…

Il viaggio di Venjia

A far capire a Venja che il tempo passava erano le caramelle. Diventava sempre più facile scartarle, ed era così contenta quando lo faceva velocemente che dimenticava la difficoltà: aveva perduto tre dita nello scoppio di una granata. Era giunta da poco in Italia. Il viaggio lo aveva fatto con il padre, due zii e un loro amico: ricordava bene…

Concorso Letterario : Il Viaggio

SI COMUNICA CHE, A GRANDE RICHIESTA, IL TERMINE DEL CONCORSO È PROROGATO AL 31 GENNAIO 2017 E LA VOTAZIONE CONTINUERÀ FINO AL 28 FEBBRAIO 2017! Chi ci segue fin dalla nascita di “In Punta di Penna” sa che questo è il periodo del nostro concorso letterario! Quindi eccoci qui a spiegarne di nuovo il regolamento, con alcune novità che, siamo sicure, gradirete!…

Caffè panna e cannella

Era un tiepido pomeriggio di febbraio e il Buster Coffee, in Piazza San Secondo, nel cuore di Asti, era affollato, sia dentro che fuori: dopo tanta pioggia, tutti volevano approfittare della bella giornata. Il cielo era tornato di un azzurro intenso mentre il sole, senza alcuna paura di splendere, invadeva la città. Accanto al municipio, la Collegiata di San Sepolcro,…

Il cappello giallo

Tesoro mio, oggi l’autobus non ne voleva sapere di arrivare. Ho temuto di non fare in tempo e non me lo sarei mai perdonata. Ho tirato un respiro di sollievo nel vederlo comparire in lontananza. Arrivata alla stazione ho faticato più del solito a scendere, ma un signore molto gentile mi ha dato una mano e mi ha persino raccolto…

La Scanna-Omo

“Nonna, ma chi è quella donna? Quanti anni ha?” chiesi un giorno, mentre me ne stavo affacciata alla finestra a osservare l’anziana vicina che cantava le ricette, mentre cucinava. “Siediti e ascolta bene” fece mia nonna “quella è la Scanna-Omo” e cominciò a raccontare…  “Il suo nome è sconosciuto a molti, la sua storia non è mai comparsa sui giornali, i tratti del suo volto da giovane sono rimasti leggibili e amati solo nelle foto dei suoi cari, mentre gli occhi infuocati della sua vendetta hanno finito per essere presenti come un addio nel corpo del suo aguzzino”. Mia nonna mi aveva già incatenato al suo racconto. “Fu una giovane donna assolutamente nella media per tutte le sue qualità, si potrebbe dire semplice, eccezionale solo nell’aspetto e nelle capacità culinarie. Nel 1925 era una sedicenne dalla bellezza dirompente, sanguigna. Della sua vita non si sa quasi nulla, se non quello che si tramanda qui a Chitignano dove fu soprannominata appunto la “Scanna-Omo”. Abitava con la famiglia in campagna, i suoi genitori lavoravano a mezzadria e vivevano stentatamente dei frutti del piccolo pezzo di terra che coltivavano. Angelina, l’ultima di dodici figli maschi, li aiutava, cucinando per tutti. Ogni mattina la ragazza vedeva passare dal viottolo che costeggiava un lato del campo un contadino ventenne che si chiamava Nicola, il quale si recava con il suo carretto in paese a vendere frutta, verdura, uova e pollame. Non c’era volta che Nicola, vedendola, non le lanciasse quando tre mele, quando due pere o le lasciasse vicino all’acciottolato un paio di uova. Angelina lo aspettava sempre al ritorno poco prima di mezzogiorno. A volte gli lanciava una mela, sussurrando: “Prendila e mangiala, ha il sapore delle mie lacrime”, altre una pera cotta con i chiodi di garofano e la malva “Mangiala prima di dormire, sognerai i miei baci”, altre ancora gli metteva per terra le uova cotte in camicia e adagiate sulla fettunta.” Mentre mia nonna raccontava, cominciavo a sentire i primi morsi della fame pomeridiana.  “Ad Angelina quel giovane, che sapeva di noci, prugne e onestà, piaceva molto, ma, come aveva imparato, continuava a cucinare e lavorare senza farsi mai raggiungere se non dai suoi sguardi. Poi a una festa di paese avvenne che i due, mentre Angelina gli porgeva delle frittelle di San Giuseppe da lei cucinate, si sfiorassero le mani. Nicola ribollì dentro, si leccò le labbra, prese le due dita di lei ancora zuccherose e se le mise in bocca, baciandole la mano fino al polso. Lei inevitabilmente impazzì e cominciò a snocciolare come un rosario la ricetta delle frittelle “Si lessa il riso in acqua e latte con una stecca di vaniglia fino a che non risulta morbido, poi si formano delle palline, si friggono, si scolano sulla carta gialla e si servono con lo zucchero…”. Nessuno aveva visto il gesto di Nicola, tutti avevano sentito Angelina. “Ecco che ricomincia con questa grulleria delle ricette” gridò suo babbo “Vai a casa Angelì, vai, devi aver preso già troppa guazza”. Fu inevitabile che i due si guardassero e si salutassero con gli occhi, facendosi una promessa solenne. Fu un dialogo d’amore che durò il  tempo di uno starnuto”. “Nonna, ho fame, prepariamo il the con i biscotti?” “Sì, metto a bollire l’acqua” “Sì, ma dopo continua…” Un attimo e fu di ritorno. “Allora, il nostro paesino all’epoca era assoggettato al caporione dei fascisti, Bernardo, squadrista manganellatore, un uomo viscido, prepotente e brutale che spadroneggiava insieme ai suoi bravi. Bernardo assaggiò le frittelle e decise che  avrebbe assaggiato il resto di quella pastosa e corvina ragazza”. Quando mia nonna raccontava, non c’erano censure, si narravano i fatti così com’erano successi: nudi e crudi. “Un giorno Angelina era al mulino. La poveretta, nero come la notte e rapace come un’aquila, non lo vide arrivare. La colse da dietro, a tradimento, come era solito fare con tutti, tirò fuori il manganello e si portò via il fiore bianco della sua  verginità, lasciando dietro di sé una scia di sangue e di vergogna”.  Mia nonna, mai parca di dettagli, si portò via invece l’innocenza dei miei otto anni. “Il padre e i fratelli la trovarono ancora distesa in mezzo alla farina, sanguinante e in preda al delirio. Angelina stava recitando il procedimento per fare il castagnaccio, ma questa volta suo babbo non fiatò. Il giorno dopo Nicola accorse al podere della ragazza e la trovò nell’aia che con lo sguardo vitreo sgranava fagioli, bisbigliando: “Si lessano i fagioli, si passano per metà e la purea si rimette nel brodo, si conservano interi gli altri. Si rosolano gli odori e le verdure, si aggiunge il farro, si soffrigge e si mescola, si unisce il pomodoro e la purea di fagioli. Salare, pepare e lasciar bollire”. Angelina si alzò, gli mise in mano la cesta con i fagioli sgranati e fece per tornare in casa, lui lasciò cadere la cesta e si mosse verso di lei. Come quella volta alla festa, si parlarono con gli occhi.”  “Nonna, è pronto il the” Andò in cucina, mi porse una tazza, soffiò sulla sua fumante, non bevve e continuò… “Poi Nicola aspettò che a notte fonda Bernardo uscisse dal bar, legò il carretto a un albero nascosto e attese. L’uomo nero si portò in disparte per svuotarsi un po’ e fu solo allora che alla luce della luna un lampeggiare di roncola gli piombò addosso”.  Mia nonna quasi gridò nel pronunciare l’ultima frase, io mi bruciai la lingua. “Quella notte davanti casa di Angelina fu scaricato un grosso maiale per la festa della domenica successiva. I fratelli della  ragazza non fecero domande, trascinarono il corpo giù nello stallino, lo attaccarono per i piedi al gancio da scanno e lasciarono che tutto il sangue confluisse in un grosso catino, poi, dopo aver fatto il lavoro più duro, misero in mano alla sorella i coltelli giusti e la lasciarono da sola a recitare le sue preghiere culinarie”. Niente, dopo quel racconto, mi avrebbe più impressionato nella vita.  “Si narra ancora che la Scanna-Omo passò tutta la notte cantilenando prima la ricetta del sanguinaccio, poi quella dei fegatini, quella dello stinco briao e infine quella del cinghiale in umido. La domenica successiva tutto il paese, compresi i camerati, si leccarono i baffi davanti al banchetto a base di maiale offerto dalla famiglia di Angelina per quel giorno di festa. Qualche giorno dopo cominciarono le indagini per la scomparsa di Bernardo. Nicola fu costretto a scappare, perché qualche camicia nera, con ancora la pancia…

Via Roma

Forse non vi dice niente. Probabilmente ci siete passati, in una città qualunque come ce ne sono tante nel mondo. Ma anche in un città qualunque, in una strada qualunque , ci sono storie da raccontare. La via Roma è come tante strade delle nostre città. Piena di buche, con le radici di pino che alzano il cemento del marciapiede creando una serie di ostacoli. La percorrevo a testa bassa, evitando così di inciampare. Quel giorno stavo risalendo la strada sul lato destro, chiuso nel giaccone fino al mento, ascoltando musica con le cuffie. Per anni sono passato di qua. Alberi e macchine  sono sempre al loro posto. Mentre avanzavo la mia attenzione fu attirata da un gruppo di persone che stavano discutendo e gesticolando. Stavano sul marciapiede, ferme, davanti ad un bar. Proseguivo tenendo la testa bassa, evitando di incrociare lo sguardo e non dare l’impressione di interessarmi ai fatti loro. Decisi allora di cambiare strada, ma non riuscii a scendere dal marciapiede. Una signora in vestaglia di lana rossa, ciabatte e bigodini in testa si fiondò verso di me, continuando ad indicarmi, dicendo qualcosa. Non capivo. Tolsi le cuffie e dissi <<Scusi, può rieptere?>>  La signora con il dito puntato verso me <<Ha sentito, giovanotto>>. Poi agitando la mano  <<Ė stato un grido pazzesco>> Un signore, alto ,con un cane di piccola taglia al guinzaglio, disse <<non può non aver sentito niente>> poi aggiunse <<proveniva da quella finestra >> indicando il quinto piano di una palazzina gialla con chiazze di umidità, dall’altro lato della strada. Mi voltati, ma la palazzina non aveva niente di strano. Le finestre erano tutte uguali, bianche con le tende verdi, panni stesi al terzo piano e nient’altro. Mi voltai verso i tre e dissi <<Cosa avrebbe detto?>> Il terzo componente del gruppo era  un ragazzo in tuta, con un cappello rosso e un tablet tra le mani, che faceva ruotare come un volante, cercando di inquadrare la finestra. Senza voltarsi disse <<Ha detto che si butta giù o qualcosa di simile>>. Poi continuò a cercare l’inquadratura migliore. La signora, che non aveva ancora smesso di fissarmi, intervenne <<Le parole precise sono: “Salto giù!” Ė così che ha  detto>> annuendo con la testa  <<ne sono sicura>>. Una voce affannata precisò <<Diceva “mi buttano giù”>>. Una in carne con il grembiule scuro e le mani infarinate si stava avvicinando a passo svelto verso noi <<Da casa mia>> indicando un palazzo poco distante <<Si è sentito benissimo.>> Anche il cane iniziò ad essere impaziente, cominciò ad abbaiare per attirare l’attenzione. Sembrava che con quel verso, improvvisamente, avesse risvegliato la memoria del padrone che disse, con tono deciso, <<ha ragione la signora, quella ragazza ha detto “mi buttano giù”>>. Provai ad intevenire nella discussione, ma la signora con i bigodini iniziò a fare gesti con le mani e arrossì, prendendo il colore della vestaglia. Cambiò la sua versione, adeguandosi a quella degli altri <<E’ proprio così>> poi aggiunse << Visto il via vai che c’è in quella casa, non mi stupirei se non fosse sola>>. Le due comari discutevano sulle abitudini della ragazza. Dal bar di fronte uscì un uomo, in tuta da lavoro. Visto l’orario e l’andamento barcollante, si poteva immaginare che il turno di lavoro l’avesse già finito da un po’ e che dovesse essersi fermato a bere qualche bicchiere. …

Orfeo

Domenica. Freddo e pioggia. Sei della sera. Una fredda e piovosa domenica alle sei della sera. Novembre e Anna odia novembre. Annoiata, guida con gli occhi fissi sulla strada, mentre l’indice e il pollice della mano sinistra giocano con il lobo dell’orecchio, è la sua coperta di Linus, la tranquillizza.  Mentre tamburella nervosamente le dita sul volante, pensa: <<Non mi è mai stata simpatica la parte del rientro a casa, l’imbrunire, la fine del week end, la fine in generale>> e poi <<Non sono brava con le conclusioni e non mi piacciono i cambiamenti, non so come nè quando dire basta, mettere un punto.>> Per questo, mentre sta rientrando, già pensa a come organizzare cena e dopo cena, un cinema, una bevuta con le amiche, basta impegnare tempo e testa, possibilmente fuori. E poi le luci, le luci accese alle finestre, soprattutto nelle cucine, le danno un senso di malinconia, la opprimono e le scappa un pensiero a voce alta <<Ma come fa la gente a stare bene in casa?>>. Sarà che non ne ha ancora una tutta sua e non ha ancora trovato il suo posto nel mondo, nè fuori nè dentro, ma proprio non ci riesce, ogni occasione, ogni scusa è buona per sgusciare via.  Poi, all’improvviso, il semaforo rosso ferma macchina e pensieri e una finestra, che e’ sempre stata li’, accesa, nel solito quartiere, nel solito palazzo, al solito piano, attira la sua attenzione per la prima volta.  <<Possibile che non ci abbia mai fatto caso>> esclama tra sé e sé <<No, aspetta, la domanda giusta è perchè ci sto facendo caso adesso? Eppure ha un’aria così familiare, la riconosco, mi pare quasi di averci vissuto. Ma no no no, cosa sto dicendo?>> Scrolla leggermente la testa e le scappa un sorriso, proprio lì all’angolo destro della bocca, e sussulta un pò.  Dietro la tenda scorge un’ombra che si muove in modo nervoso, avanti e indietro, gesticolando, sembra che stia litigando, oppure parla al telefono, magari sta solo cantando. Non riesce a non guardare, si fissa sulla luce che illumina la stanza, è in salotto, segue l’ombra avanti e indietro poi, aspetta, si ferma, si volta, si avvicina alla finestra e si affaccia. Anna distoglie lo sguardo di scatto, come se avesse paura che si accorga di lei, del suo sguardo fisso e indagatore, della curiosità quasi morbosa che la fa stare ferma lì, dentro quella casa, dentro la vita di qualcun altro, senza essere stata invitata. Ecco che con la coda dell’occhio scorge la tenda che si chiude di nuovo e così, come attratta da una calamita segreta, Anna si volta nuovamente a guardare. Cerca di capire dove sia e la sua mente comincia a immaginare il motivo del suo turbamento. Giulia, Maria, Chiara, Elena, Eleonora. Capelli appena appoggiati sulle spalle, braccia forti, camicia lunga, da uomo probabilmente. Forse sta aspettando qualcuno? Forse qualcuno è appena andato via? Resta immobile, dietro la tenda, nella penombra di una stanza che si fa sempre più buia, la luce, ora, è solo quella di un’ abat jour. La donna si appoggia con la fronte e appanna il vetro con il fiato, ha l’aria disperata. Anna resta lì, immobile nei suoi pensieri per un tempo indefinito, prova a raccontarsi la sua storia: ha un aspetto scontroso e orgoglioso, è sicura di sé, si intuisce da come si muove e dalla postura di collo e spalle. <<Non ho mai avuto quella spavalderia>> pensa << né quella sicurezza.Non ho mai rivendicato il mio diritto di stare dove sto, al lavoro, in famiglia, in una storia…insomma di essere io, qui ed ora>>. Deve essere una donna forte, ma qualcosa la fa vacillare, le sembra di sentire il battito alterato del suo cuore e il respiro affannato.  Dicono che per vivere bisogna respirare; Anna ha sempre vissuto con il fiato corto, la sua vita e’ stata una lunga apnea di situazioni sbagliate tra parentesi di felicità dove ha ripreso fiato. E lei? Quella donna, perché non respira? Non vale la pena rinunciare ai propri polmoni, mai. Lo sta pensando proprio lei che non li ha più, che per ritrovarli si inventa ogni genere di espediente. Una giornata ventosa in riva al mare, una passeggiata in montagna, una boccata d’aria alla finestra aperta al settimo piano di un palazzo in centro e fa fatica, ogni volta, a chiudere gli occhi e a lasciare fluire i pensieri, che se si fermano allora si ferma anche il vento e il respiro si blocca. Ma perché è così disperata? Senza un senso logico, le torna in mente un episodio che aveva rimosso. Un giorno, durante la visita in  un museo una bambina di circa otto anni, di fronte al dolore scolpito in volto dal Canova nel suo Orfeo, chiedeva insistentemente alla sua mamma: <<Perché e’ cosi disperato, mamma? Perché è cosi disperato quest’uomo>> La mamma non rispose, non sapeva che dire, o forse non voleva spiegare alla bambina che quell’uomo ha perso la sua Euridice per sempre, l’amore della sua vita, perché dopo aver sfidato mille avversità e tutti gli dei degli inferi non ha saputo…

In Viaggio

E così ce l hò fatta , sono giunta qui. Finalmente in questa terra che avevo la curiosità di conoscere da tanto tempo . La mia vita ha preso una piega diversa , mi ha fatto conoscere un’altra me , così fragile e smarrita . L ‘equilibrio è venuto a mancare portandomi a vivere in un mondo di vertigini. Stò…

La Variazione

Vado a correre spesso. Due, tre, anche quattro volte alla settimana. Sempre il solito percorso, sono abitudinario, io, mi spaventa cambiare e lì, nella “mia” strada mi sento al sicuro. Corro dieci, quindici chilometri ogni volta, controllo la velocità e i tempi con il GPS. Sono metodico e anche questo mi dà una certa sicurezza. Oggi sono al quarto chilometro,…

La ragazza alla finestra.

Era una sera come tante altre e come di consueto posteggiai la macchina nel parcheggio antistante l’abitazione della prof che dava ripetizioni a mia figlia. Armeggiai nel cruscotto dell’auto e tirai fuori il libro che stavo leggendo per ingannare il tempo, tolsi l’orecchia alla pagina e cominciai a leggere, dopo alcuni minuti mi accorsi che non ricordavo nulla di quello…

Secondo Concorso di Scrittura

Vi avevamo promesso un nuovo concorso di scrittura e visto che le promesse vanno mantenute, eccoci qua! Anche quest’anno il protagonista sarà il RACCONTO! Il tema? È presto detto! “Quante volte vi sarà capitato di osservare, le finestre aperte delle case che incontrate strada facendo. A noi succede spesso! A volte si riesce a scorgere soltanto un dettaglio, come parte dell’arredamento o…

La Memoria che resiste

Gli autori de “La Memoria che resiste”, ovvero l’esperto di storia contemporanea, Stefano Radice, e il fotografo Andrea Pepe, hanno raccontato la Resistenza apuana attraverso le testimonianze di 19 partigiani di Massa, Carrara e Montignoso. La Resistenza, per le città di Massa e Carrara, è un fenomeno ancora oggi molto sentito. Chiunque di noi ha, o ha avuto, in famiglia un ex partigiano ed è cresciuto…

Il marciapiede

Cammino blandamente sul marciapiede di marmo, intorno a me solo grigio:  quello pallido dei palazzi e quello intenso e ricco di sfumature  del cielo, che si toccano e quasi si confondono. Ha smesso da poco di piovere, ma ha tutta l’aria di voler riprendere a breve. Faccio attenzione a non scivolare sul marmo bagnato ed evito con cura ogni pozzanghera…

Primo concorso letterario

Siamo liete di annunciare il primo concorso letterario firmato In Punta di Penna! “Chi siamo oggi è il frutto di una serie di scelte nel nostro passato. Ma cosa sarebbe successo se almeno una di queste scelte fosse stata diversa? : è una domanda che ognuno di noi si è posto perlomeno una volta nella vita.” Proprio questo è il tema…

Volere è potere

Scese con calma dalla dart, era un giorno di una settimana senza grandi sorprese. Attorno a lei tutti andavano di fretta, come sempre. Il treno manteneva le porte aperte per far entrare la folla, che a quell’ora si stipava all’interno dei vagoni. Doris si voltò un attimo ad osservare la scena. Notò una ragazza seduta esattamente sul sedile che lei…

In una semplice giornata

“Posso aiutarla?” chiese una commessa da dietro il bancone. Era una donna esile, con i capelli raccolti in uno chignon grigio, in tinta col colore del suo vestito. Aveva gli occhi gonfi e le occhiaie marcate. Isabella si sentiva un fiore in confronto e, a quel pensiero, fu pervasa da nuova energia. “Certo, vorrei un rossetto rosso” disse. La commessa…

Stella Solitaria

Era l’alba del suo diciottesimo compleanno. La città, di lì a poco, avrebbe ripreso vita, ma in quel preciso istante tutto era immobile,solo per lei. Stella chiuse la porta della casa in cui era cresciuta, alla periferia di Roma, e prese dalla tasca del giubbotto la candelina rosa del suo primo compleanno, che la madre custodiva gelosamente nel portagioie. L’accese,…

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