La Scanna-Omo
“Nonna, ma chi è quella donna? Quanti anni ha?” chiesi un giorno, mentre me ne stavo affacciata alla finestra a osservare l’anziana vicina che cantava le ricette, mentre cucinava. “Siediti e ascolta bene” fece mia nonna “quella è la Scanna-Omo” e cominciò a raccontare… “Il suo nome è sconosciuto a molti, la sua storia non è mai comparsa sui giornali, i tratti del suo volto da giovane sono rimasti leggibili e amati solo nelle foto dei suoi cari, mentre gli occhi infuocati della sua vendetta hanno finito per essere presenti come un addio nel corpo del suo aguzzino”. Mia nonna mi aveva già incatenato al suo racconto. “Fu una giovane donna assolutamente nella media per tutte le sue qualità, si potrebbe dire semplice, eccezionale solo nell’aspetto e nelle capacità culinarie. Nel 1925 era una sedicenne dalla bellezza dirompente, sanguigna. Della sua vita non si sa quasi nulla, se non quello che si tramanda qui a Chitignano dove fu soprannominata appunto la “Scanna-Omo”. Abitava con la famiglia in campagna, i suoi genitori lavoravano a mezzadria e vivevano stentatamente dei frutti del piccolo pezzo di terra che coltivavano. Angelina, l’ultima di dodici figli maschi, li aiutava, cucinando per tutti. Ogni mattina la ragazza vedeva passare dal viottolo che costeggiava un lato del campo un contadino ventenne che si chiamava Nicola, il quale si recava con il suo carretto in paese a vendere frutta, verdura, uova e pollame. Non c’era volta che Nicola, vedendola, non le lanciasse quando tre mele, quando due pere o le lasciasse vicino all’acciottolato un paio di uova. Angelina lo aspettava sempre al ritorno poco prima di mezzogiorno. A volte gli lanciava una mela, sussurrando: “Prendila e mangiala, ha il sapore delle mie lacrime”, altre una pera cotta con i chiodi di garofano e la malva “Mangiala prima di dormire, sognerai i miei baci”, altre ancora gli metteva per terra le uova cotte in camicia e adagiate sulla fettunta.” Mentre mia nonna raccontava, cominciavo a sentire i primi morsi della fame pomeridiana. “Ad Angelina quel giovane, che sapeva di noci, prugne e onestà, piaceva molto, ma, come aveva imparato, continuava a cucinare e lavorare senza farsi mai raggiungere se non dai suoi sguardi. Poi a una festa di paese avvenne che i due, mentre Angelina gli porgeva delle frittelle di San Giuseppe da lei cucinate, si sfiorassero le mani. Nicola ribollì dentro, si leccò le labbra, prese le due dita di lei ancora zuccherose e se le mise in bocca, baciandole la mano fino al polso. Lei inevitabilmente impazzì e cominciò a snocciolare come un rosario la ricetta delle frittelle “Si lessa il riso in acqua e latte con una stecca di vaniglia fino a che non risulta morbido, poi si formano delle palline, si friggono, si scolano sulla carta gialla e si servono con lo zucchero…”. Nessuno aveva visto il gesto di Nicola, tutti avevano sentito Angelina. “Ecco che ricomincia con questa grulleria delle ricette” gridò suo babbo “Vai a casa Angelì, vai, devi aver preso già troppa guazza”. Fu inevitabile che i due si guardassero e si salutassero con gli occhi, facendosi una promessa solenne. Fu un dialogo d’amore che durò il tempo di uno starnuto”. “Nonna, ho fame, prepariamo il the con i biscotti?” “Sì, metto a bollire l’acqua” “Sì, ma dopo continua…” Un attimo e fu di ritorno. “Allora, il nostro paesino all’epoca era assoggettato al caporione dei fascisti, Bernardo, squadrista manganellatore, un uomo viscido, prepotente e brutale che spadroneggiava insieme ai suoi bravi. Bernardo assaggiò le frittelle e decise che avrebbe assaggiato il resto di quella pastosa e corvina ragazza”. Quando mia nonna raccontava, non c’erano censure, si narravano i fatti così com’erano successi: nudi e crudi. “Un giorno Angelina era al mulino. La poveretta, nero come la notte e rapace come un’aquila, non lo vide arrivare. La colse da dietro, a tradimento, come era solito fare con tutti, tirò fuori il manganello e si portò via il fiore bianco della sua verginità, lasciando dietro di sé una scia di sangue e di vergogna”. Mia nonna, mai parca di dettagli, si portò via invece l’innocenza dei miei otto anni. “Il padre e i fratelli la trovarono ancora distesa in mezzo alla farina, sanguinante e in preda al delirio. Angelina stava recitando il procedimento per fare il castagnaccio, ma questa volta suo babbo non fiatò. Il giorno dopo Nicola accorse al podere della ragazza e la trovò nell’aia che con lo sguardo vitreo sgranava fagioli, bisbigliando: “Si lessano i fagioli, si passano per metà e la purea si rimette nel brodo, si conservano interi gli altri. Si rosolano gli odori e le verdure, si aggiunge il farro, si soffrigge e si mescola, si unisce il pomodoro e la purea di fagioli. Salare, pepare e lasciar bollire”. Angelina si alzò, gli mise in mano la cesta con i fagioli sgranati e fece per tornare in casa, lui lasciò cadere la cesta e si mosse verso di lei. Come quella volta alla festa, si parlarono con gli occhi.” “Nonna, è pronto il the” Andò in cucina, mi porse una tazza, soffiò sulla sua fumante, non bevve e continuò… “Poi Nicola aspettò che a notte fonda Bernardo uscisse dal bar, legò il carretto a un albero nascosto e attese. L’uomo nero si portò in disparte per svuotarsi un po’ e fu solo allora che alla luce della luna un lampeggiare di roncola gli piombò addosso”. Mia nonna quasi gridò nel pronunciare l’ultima frase, io mi bruciai la lingua. “Quella notte davanti casa di Angelina fu scaricato un grosso maiale per la festa della domenica successiva. I fratelli della ragazza non fecero domande, trascinarono il corpo giù nello stallino, lo attaccarono per i piedi al gancio da scanno e lasciarono che tutto il sangue confluisse in un grosso catino, poi, dopo aver fatto il lavoro più duro, misero in mano alla sorella i coltelli giusti e la lasciarono da sola a recitare le sue preghiere culinarie”. Niente, dopo quel racconto, mi avrebbe più impressionato nella vita. “Si narra ancora che la Scanna-Omo passò tutta la notte cantilenando prima la ricetta del sanguinaccio, poi quella dei fegatini, quella dello stinco briao e infine quella del cinghiale in umido. La domenica successiva tutto il paese, compresi i camerati, si leccarono i baffi davanti al banchetto a base di maiale offerto dalla famiglia di Angelina per quel giorno di festa. Qualche giorno dopo cominciarono le indagini per la scomparsa di Bernardo. Nicola fu costretto a scappare, perché qualche camicia nera, con ancora la pancia…
Finalisti del Secondo Concorso di Scrittura
Il secondo Concorso di Scrittura Creativa “La ragazza alla finestra” si è appena concluso e finalmente possiamo decretare i 5 finalisti: La Scanna-Omo La ragazza senza età In Viaggio Via Roma Orfeo Vi ricordiamo che siete stati voi a scegliere, attraverso i vostri commenti (1 commento sul blog = 1 voto), i 5 racconti che passano alla fase finale del concorso per essere giudicati, non…
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